Come promesso, il nostro ciclo di globalizzazione arriva nella fase centrale, quella della localizzazione del prodotto. Dopo aver considerato tutti gli elementi che variano da lingua a lingua, il passo successivo è adattare testo, immagini, layout alla cultura d’arrivo.
Ma che importanza ha il contesto culturale dell’utente nella progettazione del prodotto?
Partiamo innanzitutto da una definizione di cultura nell’ambito delle nuove tecnologie:
Culture, in terms of Web globalization, means how people from certain cultural orientations view and interpret specific images and messages. (Sheridan)
Ciò significa che per non rischiare di proporre all’utente messaggi controproducenti, i localizzatori dovrebbero considerare con attenzione l’impatto della cultura sulla comprensione degli elementi del prodotto.
A questo proposito, Marcus e Gould propongono un’analisi della cultura mostrandone le ripercussioni sulla progettazione del Web servendosi dell’analisi di Hofstede; quest’antropologo distingue infatti cinque dimensioni culturali che si manifesterebbero nelle scelte di simboli, eroi e valori di ogni individuo:
- distanza dal potere;
- collettivismo vs. individualismo;
- femminilità vs. mascolinità;
- distanza dall’incertezza;
- orientamento a lungo vs. breve termine.
La distanza dal potere fa riferimento alla misura in cui i membri meno potenti della società si aspettano ed accettano un’iniqua distribuzione del potere. I Paesi che registrano un’alta distanza dal potere sono fortemente gerarchizzati e centralizzati, percependo a livello sociale una forte distanza tra chi è al potere e chi è subordinato; viceversa, uno Stato che ha un basso livello di distanza dal potere diffonde l’idea che il successo possa essere raggiunto e ciò si riflette sui valori della gente: un alto livello di distanza dal potere implica enfasi sull’ordine sociale, autorità, simboli, mentre sul versante opposto si privilegeranno i concetti di libertà e uguaglianza.
I localizzatori dovrebbero considerare con attenzione l’impatto della cultura sulla comprensione degli elementi del prodotto.
Dal punto di vista della progettazione, questa dimensione culturale ha notevoli risvolti: se da un lato si deve dare enorme importanza al logo, all’azienda e al marchio, dall’altro l’intero prodotto deve ruotare intorno alle esigenze del cliente.
Hofstede recupera poi i concetti d’individualismo e collettivismo senza proporre particolari novità: chi è individualista in genere pensa solo a se stesso o a un ristretto numero di persone, mentre il collettivista è parte di un gruppo a cui è legato da sentimenti di fiducia e lealtà. Chiaramente queste due prospettive implicano valori opposti: se l’individualista punta alle gratificazioni materiali, ama le sfide e la libertà, il suo opposto privilegerà gli interessi collettivi, l’armonia e l’apprendimento.
Queste due differenti visioni del mondo dovranno essere considerate attentamente per una localizzazione del prodotto: da un lato bisogna privilegiare la novità e i giovani, offrendo un’immagine di successo, dall’altro si valuta di più la tradizione, il successo politico e sociale.
La dimensione della femminilità e mascolinità, invece, può essere fraintesa, poiché non si fa qui riferimento alle caratteristiche fisiche, ma ai ruoli sociali tipici dei sessi: il ruolo maschile prevede forza, assertività e competitività, mentre quello femminile implica tenerezza e predisposizione alla famiglia e al sociale. Hofstede definisce così culture mascoline quelle in cui queste distinzioni sono fortemente mantenute, mentre femminili quelle in cui si verifica una sovrapposizione o scambio dei ruoli.
I valori di una società più aperta al cambiamento (cultura femminile) saranno certamente diversi da una struttura rigida: la localizzazione deve quindi valutare questo fattore e proporre un prodotto che rispetti la mentalità della società, sia in chiusura che apertura ai cambiamenti.
Inoltre, è molto interessante valutare quanto la gente provi ansietà rispetto all’incertezza oppure a minacce note: la paura dell’ignoto in molte popolazioni implica la creazione di riti e la presenza di valori specifici; inoltre le culture che manifestano ansia dell’ignoto sono in genere molto emotive ed amano prevedere i risultati delle cose, nonché ridurre le ambiguità. A questo tipo di cultura già di per sé ricca di problematiche, bisogna perciò proporre prodotti semplici e schematici, in quanto la complessità incrementerebbe l’ansietà già presente.
Infine una differenziazione importante fra le culture sta nell’orientamento a lungo o breve termine: è chiaro che chi si aspetta risultati a breve termine amerà la praticità e l’essenzialità di un prodotto, mentre chi si affida alla pazienza sarà disposto a spendere più tempo per raggiungere un risultato.
La localizzazione deve valutare fattori come femminilità e mascolinità, individualismo e collettivismo e proporre un prodotto che rispetti la mentalità della società, sia in chiusura che apertura ai cambiamenti.
Da questa sintesi del pensiero di Marcus e Gould si può quindi avere un’idea delle difficoltà di analisi dei valori di una cultura che, però, sono fondamentali per lo sviluppo di un prodotto realmente localizzato.
A ulteriore conferma dell’importanza degli aspetti culturali, perfino l’ambiente americano, sempre concentrato in passato sul concetto di usabilità, ha ormai riconosciuto l’importanza della cultura, proponendo il concetto di culturability. In particolare Barber e Badre definiscono la culturability come l’unione di cultura e usabilità: utilizzare un prodotto straniero è come trovarsi in un Paese sconosciuto, dove organizzazione degli spazi, lingua, colori e costumi interferiscono con la ricerca del contenuto.
Infine, un’ulteriore prova dell’importanza dell’adattamento culturale è offerta dalla Microsoft che nella localizzazione dell’enciclopedia Encarta dimostra come persino i dati possano essere soggettivi; infatti, le differenze contenutistiche fra le diverse versioni linguistiche sono molteplici, dalla presenza di nuovi articoli a un apparato multimediale adeguato alle possibilità del cliente tipo. Queste modifiche possono apparire abbastanza banali, ma in realtà alla loro base c’è uno studio profondo che ha persino portato ad attribuire l’invenzione del telefono a Bell nella versione anglosassone dell’enciclopedia, a Meucci in quella italiana (B. Gates, When it comes to localizing information, nuance matters, articolo pubblicato online nel 1997 non più disponibile; se ne parla qui).
La localizzazione ha quindi di fronte a sé grandi sfide compresa quella di presentare la realtà e persino la storia da diversi punti di vista. Siete d’accordo?
Vi aspetto la prossima settimana!
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